Al bimbo accorso ad invocare aiuto
per riparare il giocattolo rotto
una carezza distoglie la smorfia
dal volto opaco opaco attraversato
dalla possente idrovora che a fiotti
aspira dosi di panico intorno
all'oggetto smarrito sorge tragico
nulla attraversa questo raggio ardito
che faticosamente già prevede
giochi confusi mancati perduti
sorridere ci rende sconosciuti
Il capo reclinato sulle braccia
conserte lungo tavoli deserti
denuncia la stanchezza accumulata
oppure torna l'obbligo pagato
a tempi di controra sconsolati
"È ora di dormire via via"
un eco di vecchiette concordava
sembravano le suore dell'asilo
le prime che lodarono il bisogno
sottratto dai giri in bicicletta
"C'è la malombra c'è la calandrella"
urlavano le mamme rincorrendo
figli per pomeriggi incandescenti
quando si congedavano gli studi
e liberi tornavano i palloni
A volte ci rendeva più curiosi
il mostro disegnato le sembianze
voraci si sarebbero placate
col nostro riposare domandare
solo continuamente c'inchiodava
Nell'aria permanevano i timori
velo pomeridiano la minaccia
prossima a risucchiarci dentro il cofano
d'un'auto parcheggiata per la strada
meglio restare zitti fare i bravi
Allora con il capo sulle braccia
piegate nell'incerto consolarsi
quei giorni mettevano radici
minimi stretti fragili ripari
calati su miserie quotidiane
***
Cara Francesca la vita rosicchia
i nostri punti deboli dilunga
tre passi tra la gente che sofferma
gli sguardi impuri sulle tasche cerca
d'intendere se sono vuote pesa
la loro consistenza le rivolta
fino a sfiorare la carne convince
che niente non dà niente per tritarla
ci vuole ben altro se tasca piange
bisogna mettersi in gioco riempirla
oppure lacerarla così entra
l'insano tocco furtivo seduce
a pizzichi rodendo mentre lascia
salire i lividi il sangue tracima
in quei punti dove si diventa
forti perché è passata dilunga
la vita cara Francesca resiste
in prova sii felice potrà
stupirla l'innocenza col giocare
d'anticipo d'ardore le somiglia
crudele esposta a farsi sacrificio
Vuota
di tanto pieno ardore
d'intelligenza
mai scalfita
Misteriosa follia
vedi
sul talamo nuziale
di cielo e terra
di notte e giorno
colare un eterno sognare
fantasmi
Oltre il limite concesso
oltre l'umana
memoria
rivolta l'animo
gelato
Grandina
pallido sole
d'aprile
potere indicare
un male minore
rispetto al non vivere
Fuggevole meta
senza ritorno
mani eleganti
sospese alla fronte
come un saluto
dal tempo ingiallito
ancora bruciano
sigarette
colmano tese
silenzi in smoking
***
Sui gradini lucidi
mille e mille volte discesi
APPARI
giocando in trasparenza
col fondo arabescato
Va per le volute
il senso di una vita
SMARRITA
girando in turbolenza
tra postille del creato
Sei ombra che asSALE
ignoto andirivieni
giaci compassato
appassionato correndo
lunghe le cime ripide
fino alLA NOTTE FONDA
dove nessun diario
raccolse mai
marmoree amenità
in quanto è nato
DOMANI UN ALTRO GIORNO
mille e ancora mille volte
CONDUCI
la nostra esistenza
avvolta in ogni lato
Grondaie riscaldate dai raggi
del sole a mezzogiorno per la strada
un'ombra riparava la vaghezza
sbocciata nell'andare ritornare
avanti indietro dentro la calura
estiva l'automobile sfrecciava
di petto sorpassava la figura
con calma spinta nella direzione
opposta per assenza di conforto
un marciapiede che potesse dare
la sicurezza necessaria a passi
che non avevano inizio né fine
un nido da costruire o riconoscere
guardando sotto roventi grondaie
scomposta traballava qualche tinta
screziata come segnale confuso
tutto lambiva l'incerto spingeva
un andamento costante premessa
per incontrare qualcuno qualcosa
oltre le pieghe di un'ombra sgualcita
Cammina muto l'antico viandante
il vento spazza la polvere in strada
facendo fitte le piccole tracce
nell'insondabile chiamano l'anima
per testimone la rendono musica
Fuori le porte la senti nel mantice
respira forte la vecchia canzone
qualcuno dice è sempre la stessa
è vero ha ragione per cambiare
la fisarmonica è poca cosa
I suoni dicono meno di più
una canzone trascina l'andare
è l'infinita voce di bisogni
che ricomposti diventano note
sacro brillare diventa natura
Tutti i cammini in un solo cammino
tiene il viandante fermo sulla soglia
mentre lo fissi s'accende l'incontro
stendi la mano non lasci bruciarlo
stendi la mano non lasci bruciarlo
Hai visto la mano era distesa
il palmo aperto
a mezz'aria sospeso brancolava
il corpo stava dietro
l'angolo teso oscillava perplesso
tra dare e avere
mostrarsi per donare o nel frattempo
tirare il busto
indietro nascondendo l'appetito
ripugnante
Le lacrime impastate coi frizzi
i lazzi terra mia hai messo
a cuocere per giorni e giorni solo
prendeva tempo l'odore del giorno
di festa altrove era sempre domenica
restava piatto freddo la speranza
mandata giù la sera intorpidita
pregava di lasciare dolcemente
assaporare pietanze private
da condimenti maledetti quante
porzioni guaste venivano in dote
menù offerti coi sotto banco
terra mia facevano servire
l'incuria consigliavano l'abuso
l'indifferenza regnava sovrana
la contestavano le mani giunte
che preferivano imbandire tavole
alla luce del sole sì perché
ognuno a bocca aperta conoscesse
il tuo duro nutrirci di riso
mentre piangevi bisognava spegnere
le luci certa musica declina
nel buio gli occhi chiusi per sentire
l'altro sguardo nascosto scivolare
dentro l'anima mormora l'unisono
sono le voci sconcertate girano
nelle corrotte piaghe le posate
addentano feriscono dilaniano
l'umano è quel fango che lo mise
al mondo vomita fango raccolto
presente lascia credere difficili
giorni festosi passaggi dal tempo
ieri imperfetto oggi tale vissuto
e il futuro è il tuo stare
caparbia ad aspettare se caparbia
nutri rigenerando sogni amari
***
Sud tempo urlato nel canto minore
Sud agli dèi pregato col cuore
Sud il diritto cambiato in piacere
Sud postulare votato a dovere
Sud la gramigna resiste a morire
Sud sei andato perduto a gioire
Sud devi il gioco poter sostenere
Sud quest'essenza tu muti tenere
Sud fantasia speranze rumore
Sud vedi arrivi partenze godere
Sud la melina non lascia capire
Sud senti accorti bambini soffrire
Sud prendi il volo coraggio volere
Sud risalire la scala d'amore
Feconde navicelle in atmosfera
lucciole ardenti lungo i marciapiedi
Notte vai sfumando nella mera
alba dei corrieri mesta siedi
su cartastraccia su lattine sigari
spenti da luce impropria illuminati
semafori brucianti sempre a picari
ubriachi intorpiditi ora sbandati
Sogno è piroga treno aeroplano
giunco impennato sopra l'autostrada
sfolgora polline alterno costato
starnuto allergico sputo malsano
Tritato il mondo riparte mandato
un po' bagascio un po' nobile giada
Un'impressione trascorre leggera
Un pandemonio sferraglia alle spalle
Un treno macina lunghe distanze
Fa spaventare supporre l'altrove
Un terremoto è un fiume carsico
L'oscillazione confonde la causa
La vibrazione una ruvida scossa
Prende per mano increspando la pelle
Rabbrividisce l'inquieto bersaglio
Sul corpo l'onda è un labirinto
Lievita poi dilegua la traccia
Un treno è passato non un dubbio
Un'impressione si pensa sbagliata
Lo smarrimento percorre i binari
Aumenta la pressione in questo tratto
Il cuore infonde sangue nelle vene
Scorre trascina l'intera esistenza
Un fluido nutre stazioni lontane
Tutte le direzioni s'avvicinano
S'incontrano per una coincidenza
Commuovono risvegli d'assoluto
E della vita godo
la vita stessa
irrefrenabile flusso privato
di separati pezzi