Poeta
con il cappello in testa
e la giacca da passeggio
massaggi le spalle piegate
sopra al tavolo vomiti freddo
dentro la stanza guardi quanti versi
segue quel fumo pallido calmo
le nuvole lente procedono
più lontano dalla bocca
che rigetta conati
di respiro frantumando
un molesto far niente
cerchi fragile calore
le mani contorte strofini
in un verso nell'altro trovando
la forza d'afferrare la scintilla
provocata dal rude sollievo
divampa così fuoco sacro
si fa strada per il tremulo
corpo l'incendio tesse
nuove trame nuovi versi
e plasma nell'aria opprimente
un'ardente misura una mappa
ad indicare la via maestra
che può rendere cenere il ghiaccio
colato sarà una cella
dove spegnere gli strali
vitalità indomite
sorprendenti hanno un guizzo
d'immane rivolta resistono
quando il gelo fermenta volendo
sterili i versi suscitati sempre
ostinati si oppongono climi
mancini che sembrano rompere
la memoria custodita
nella ri-creazione
ma la tua poesia
incendia l'inferno glaciale
splende un tempo compiuto per essere
rigenerato di nuovo strofini
le mani piene d'ardore essenziale
***
Atterra lentamente è un'aria
imbalsamata dell'umido giorno
raccoglie verso sera le faccende
evaporate per scendere goccia
a goccia sopra l'auto parcheggiata
sotto casa avvolgendo sulla piazza
il campanile e i distratti via
vai mentre lampioni al neon giallo
illuminano scene da far west
scoppiate d'improvviso sulla strada
fiacco l'ardore necessario soffoca
una visione che non scuote tutto
sembra scontato nel solito clima
nella periferia martoriata
solo l'umidità simile a pioggia
da poco terminata coglie gli uomini
le cose resteranno appiccicate
a loro stesse nessuna coscienza
alita sul bagnato qui si specchia
lo sputo dato in cielo e giunto in faccia
Assilla la prova
un foglio strappato
un lembo nasconde
il passo a metà
parole buttate
cadute nel vuoto
amara bellezza
sarà un piacere
andare col metro
d'un attimo perso
la terra raccoglie
coriandoli colpi
su colpi scandiscono
i tocchi distratti
il tempo di tacchi
battuti ribattono
e mettono punto
a capo risposta
"Di-versi fastidi
tentare non nuoce"
***
Senza tregua
pretendi
quello che mai
è stato donato
nel bene nel male
sei più dura d'un angelo
sterminatore dolce
come un'intesa inaspettata mano
tesa nella paura
di perdere il volo spiegato
sugli affanni quotidiani
disponi l'alfa l'omega
piaceri cilici
un punto fermo
l'universo
arridi
a quanto un uomo
sa metterti a parte
i sassi i diamanti
ma vorresti avesse al dito
una prova sincera
via gli anelli di dubbioso conio
se il desiderio scorgi
incerto allo sposo combini
sacrifici desolati
rigorosa bellezza
abbracci temprati
nel fuoco poi
innocenza
Dietro front via al battito di tacchi
avanti marche scendere salire
passo l'impronta sconosciuta a tanti
Maria attraversava la stazione
avanti indietro ogni beato giorno
frenetica la vita le correva
intorno un treno di scarpe passava
lungo i binari dall'alba al tramonto
la prima classe comoda allacciata
e la seconda sciolta malandata
nei concerti per i tacchi bassi
alti dal forte piano ticchettati
Maria dava lucido lo sguardo
ad un'indifferenza dissonante
Semmai la vita non fosse
distratta nell'aria appestata
un peso mostruoso le nuvole
farebbero in cielo rimpiangere
il sole con riccioli biondi
invece nel grigio tramonto
incline sul fronte rugoso
la chioma del mondo invecchiato
malgrado la poca saggezza
pontifica augusti richiami
"Respirino pieni i polmoni
ossigeno ubriaco di polveri
sottili per sciogliere il ghiaccio"
e stendere verso l'inferno
cinerei trucchi blasfemi
le maschere a cuori rifatti
che tolgono il fiato porgendo
carezze di tempi al veleno
***
Anche noi abbiamo visto
le lacrime delle cose
lacrimae rerum
E di nuovo s'avvicinano
suona il vento sotto costa
sferza schizzi d'acqua e sale
nei guizzi che respirano
i passaggi moderati
adunati sulle rocce
ad libitum
piano piovono le gocce
sono accordi pelle a pelle
di pietose sinfonie
per profili acuminati
hanno varchi dolorosi
sale il mare continuando
"Nel mio grembo ho raccolto
le lacrime delle cose
lacrimae rerum
ad libitum"
Caro amico la memoria
non sapevi possedevo
grande cuore resistente
con un sangue universale
"Generoso vïandante"
m'hai detto "Segui in giro
le lacrime delle cose
lacrimae rerum
ad libitum"
***
I porti delle città senza porto
i porti aperti
i porti chiusi
i porti di mare
i porti delle nebbie
i porti dov'è facile salpare
i porti è difficile tornare
i porti messi bene
i porti vanno a fondo le banchine
e mille altri soprattutto
i porti dove non si può bluffare
con azzardi insensati
per la caccia al tesoro
denti stretti occhi chiusi
la scrollata di spalle
e poi l'affanno
***
Una selva di macerie
era il prezzo da pagare
i barbari passati come un'orda
incredibile
minacciava lo sconcerto
un filo d'erba non sarebbe nato
sulle terre tormentate
dei disoccupati
degli uomini di donne abbandonate
lungo gli argini scoppiati
di fiumi in pena per ogni futuro
assassinato poi riesumato
a lacrime e sangue
perché da monte a valle
solo croci corressero
per poveri Cristi
ormai
condannati a specchiarsi nel buio
chiedendo "Chi sono"
invano aspettando risposta
per sentirsi stimati
cose sassi bulloni
radici da prendere a calci
e mandare chissà dove
fino al tramonto obliati
quando buio nel buio
evirata memoria
nuovi muri fortilizi
tiravano il capo del loro groviglio
sponde su letti dilaganti il vuoto
folle annaspare lo scarso criterio
riso col pianto serrati per mano
in un'intesa difficile a sciogliersi
là sempre più giù
dove pur resisteva
senza ordini per tutto il santo giorno
desiderio di bellezza
memorabili le sere
quando unico ristoro
era cercare un varco
***
Nomadi
nuda esistenza
abbiamo esplorato
la nostra piccola
parte di mondo stretta
si consumava addosso
negli angoli tagliati
corpo a corpo colpo a colpo
durante incontri scontri
fiato corto cuore opaco
pazzi boxer
abbiamo incassato
una via d'uscita
con le dita nelle piaghe
fino a toccare l'anima
le sue ossessioni
fatte per raccontare
continui round
coll'indecenza mossa
sopra ring insidiosi
i paesi devastati
dove abbiamo combattuto
aggiustando bene il tiro
senza andare a tappeto
si schivava l'abitudine
si colpiva di coscienza
una scelta temeraria
congegnata ad occhi aperti
chiuderli no
non si poteva
tirare pugni all'aria
avremmo mai scritto
le vittorie le sconfitte
insistendo testa alta
il bisogno di giustizia
eravamo dissonanti
alla cieca supponenza
poche parole d'ordine
che sembravano monotone
proclamavano salvezza
***
Siamo della razza strana
l'urlo sommesso accompagniamo al canto
Siamo come il gallo all'alba
l'acuto quando ancora il mondo dorme
Impassibile richiamo
in movimento verso il nuovo giorno
Una sola voce intrepida
sul termine sospeso della notte
l'ora facile a girarsi
colla faccia all'altra parte
non vedere non sentire
troppo presto per svegliarsi
così fino al tramonto fare pausa
seguendo questa vecchia filastrocca
monotona di tempi superati
abbarbicati a teneri guanciali
Siamo della parte scomoda
appena c'infiliamo negli adagi
Siamo presto allegro brioso
cantare vino al vino e pane al pane
Resta una traccia
siamo come gru sulle macerie
e la polvere ci ostina
Tra i versi Si 'a rota nu' ggira s'addà cagnà di Lele Sgambati